La teoria di cronisti adriesi che lasciarono memorie scritte fra XVIII e XIX secolo, in cui “minuziosi e curiosi ragguagli” servono a rievocare l’indole, i costumi, le tendenze di quelle generazioni”, non disgiunte da “un troppo ristretto e spesso malinteso sentimento d’amor patrio” prende avvio con le note raccolte da don Alfonso Bocca nei primi decenni del Seicento a documentare i “casi” e le “novità” avvenuti nella città di Adria.
Raccolte al pari di molti altri documenti e materiali di storia patria da Francesco Girolamo Bocchi (1748-1810), furono da lui e soprattutto dal nipote Francesco Antonio (1821-1888) largamente e ripetutamente utilizzate.
A stenderle fu appunto il “chierico” Alfonso, appartenente a uno dei rami della famiglia Bocchi… divenuto canonico nel 1617 e per qualche tempo vicario vescovile di Adria.
Una biografia quella di Alfonso, all’insegna della tranquillità, fra una carriera ecclesiastica dignitosa ma non eclatante e la cura dei diletti studi, comprendenti la scrittura delle memorie patrie, molto apprezzati tra gli altri dal vescovo Stefano Penolazzi che li “pregiava assaissimo”…!