L’Autore è ben consapevole che quanto ha recuperato non è retaggio esclusivo delle isolate popolazioni deltizie, ma tuttavia un nucleo cospicuo di modi di dire si riferiscono nettamente alla condizione umana locale e solo ad essa proprio.
Pensiamo ai molti richiami al Po, alla natura, alla particolare geomorfologia dell’area: in quale altra parte si potrebbe dire: a s’è vìst Po àlto e Po bàso o èl Po èl rònpe ingnònd c’a no s’ pènsa?
Vorremmo soffermarci su ogni pagina per trarne insegnamenti non solo di psicologia collettiva, che il Girardi sa cogliere e interpretare, come meglio non si potrebbe, ma anche di contenuti linguistici attraverso esempi istruttivi e mai ovvi, dalla registrazione di locuzioni attese, ma non attestate prima d’ora, alla segnalazione di voci oramai sparite dall’uso, e, quindi, non più comprensibili, conservate come fossili preziosi in locuzioni fisse.
Un volumetto che apre nuovi orizzonti con i tanti spunti suggeriti e le tante osservazioni provocate.
E’ soprattutto un’opera utile e opportuna per conoscere meglio la realtà dell’estuario anche attraverso la lente veritiera e insostituibile del dialetto.
Manlio Cortelazzo